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Dicembre
15
2006

GLI ANTIRAZZISTI NON DIMENTICANO

Scritto da c.s.o.a. Angelina Cartella

Il prossimo 28 dicembre ricorre il settimo anniversario della strage del Centro di permanenza temporanea "Serraino Vulpitta" di Trapani, il primo campo di internamento istituito in Italia da un governo di Centrosinistra con la promulgazione della legge Turco-Napolitano.
Sei immigrati morirono nell’incendio scoppiato in seguito alla loro rivolta per trovare la libertà e questa tragedia è diventata negli anni il simbolo più evidente dell’ingiustizia su cui si fondano le politiche attuate in Italia in materia di immigrazione.
In tutti questi anni, il CPT "Vulpitta" ha continuato a essere il lugubre scenario di proteste anche eclatanti, di atti di autolesionismo, di tentativi di suicidio e fughe rocambolesche: tutto questo dimostra chiaramente che, al di là della mistificazione e della propaganda messe in atto dalle autorità, il "Vulpitta" è un campo di internamento come tutti i CPT, un luogo abietto dal quale le persone tentano di fuggire ad ogni costo.

CPT e propaganda governativa

Trapani, città-frontiera, è sempre stata considerata da chi ha governato un avamposto irrinunciabile nella repressione dei migranti. All’assoluzione giudiziaria dell’ex prefetto Cerenzia per la strage del "Vulpitta" ha fatto seguito, dopo sette anni, una vera e propria assoluzione politica elargita da un altro governo di Centrosinistra che è tornato in più occasioni a Trapani per ribadire, attraverso le parole dei suoi rappresentanti, l’assoluta funzionalità e operatività del CPT "Vulpitta", così come emerso dalle dichiarazioni rilasciate dal presidente della commissione ministeriale sui CPT che ha visitato il "Vulpitta" e ne ha tessuto le lodi. Un'operazione, questa della commissione itinerante voluta dal governo, utile a lavare la coscienza di una classe dirigente che ha istituito questo CPT e che oggi, a giudicare dalle proposte di modifica alla legge Bossi-Fini annunciate dal ministro Giuliano Amato, non intende affatto chiudere i CPT ma gestirli in maniera sempre più efficiente contando possibilmente sulla legittimazione di tutti quei soggetti individuali e collettivi che, interloquendo e collaborando con la commissione sui CPT, hanno assunto posizioni ambigue e insostenibili.

Immigrazione, sfruttamento, precarietà

La clandestinità alla quale sono condannate migliaia di persone resta un punto di forza per la tutela degli interessi di tutti quei datori di lavoro senza scrupoli che non esitano a sfruttare il lavoro degli immigrati nella quotidiana schiavitù che si consuma nelle nostre campagne e nei nostri cantieri.
E, a maggior ragione, il meccanismo che lega l’ottenimento del permesso di soggiorno al contratto di lavoro si fonda sulla flessibilità e la precarizzazione dei lavoratori, in un quadro normativo generale prodotto da anni di concertazione e che ha reso le vite di tutti i lavoratori, italiani e non, sempre più instabili. In particolare, in Sicilia e nella provincia di Trapani, lo sfruttamento della manodopera migrante in settori determinanti come l'agricoltura, l'edilizia e la pesca è diventato un business sempre più ghiotto per la mafia nostrana e per le organizzazioni criminali straniere che speculano sul traffico di esseri umani.
Questa guerra all'immigrazione è strettamente legata alle politiche globali di guerra infinita: milioni di persone si spostano ed emigrano anche a causa dei conflitti che insanguinano il mondo (spesso voluti e sostenuti dalle democrazie occidentali con interventi diretti o con la vendita di armamenti), ma neanche profughi e richiedenti asilo ricevono in Italia un trattamento adeguato all'emergenza della loro condizione.
Al contrario, i governi che in Italia si sono succeduti in questi anni non hanno esitato a imbarcare il paese in imprese militari rendendosi complici delle strategie guerrafondaie volute in primo luogo dagli Stati Uniti d'America. La finanziaria del governo Prodi parla da sé: tagli pesantissimi alla spesa sociale, alla scuola pubblica e alla sanità per dirottare milioni e milioni di euro nelle spese militari e nel rifinanziamento delle missioni all'estero.
La lotta per la libertà di circolazione degli individui deve poter mettere in discussione non solo l'attuale impianto normativo dell'Italia o dei singoli stati, ma anche l'essenza stessa di questa Europa che – dal trattato di Schengen in poi – ha disegnato una raccapricciante mappa di esclusione fatta di sbarre, filo spinato, deportazioni e naufragi nel Mediterraneo.

Contro tutte le guerre

La critica alle politiche repressive nei confronti dei migranti non può prescindere, inoltre, da una posizione inequivocabilmente pacifista, che ripudi la guerra senza compromessi nella consapevolezza che il terrorismo di guerra è un orrore che sta alla base del crescente disagio di più di due terzi della popolazione mondiale, stretta nella morsa di intollerabili disuguaglianze nell’approvigionamento delle risorse.
Oggi più che mai pensiamo sia necessario dare nuovo slancio all'opposizione sociale, alla capacità dei movimenti, delle strutture di base, dell'associazionismo, della società civile di leggere la realtà in maniera autonoma respingendo ogni tentativo di cooptazione da parte della classe politica per ricostruire percorsi di critica e di lotta dal basso contro le profonde ingiustizie che lacerano la nostra società e i nostri territori.
Quello che noi rivendichiamo è il rispetto dell’inalienabile e universale diritto alla libertà di movimento per tutte e tutti perché chiunque deve poter vivere pienamente la propria vita a prescindere dal luogo in cui è nato/a.
Non possiamo accettare che Trapani, e tutta la Sicilia, continuino a essere terre di frontiera circondate da un mare pieno di morte e disperazione, né si può tollerare l'esistenza dei centri di permanenza temporanea, così come dei centri di identificazione, che sono e restano spazi di eccezione in cui le persone sono trattenute contro la loro volontà e al di là di ogni principio umano e giuridico, per il solo fatto di essere immigrate, di appartenere a una categoria sociale che la legge criminalizza e reprime.

Il prossimo 28 dicembre manifesteremo a Trapani:

  • per ricordare Rabah, Nashreddine, Jamel, Ramsi, Lofti, Nasim morti nel rogo del 1999 e tutti i migranti morti nei naufragi, davanti le nostre coste, spariti nelle campagne o sepolti sotto le macerie dei nostri cantieri
  • per la chiusura del Centro di Permanenza Temporanea "Vulpitta", del centro di Salinagrande e contro ogni ipotesi di ulteriore allestimento di altre strutture detentive per immigrati nella nostra città
  • per la chiusura di tutti i CPT e l'abolizione delle leggi razziste (Bossi-Fini e Turco-Napolitano)
  • per la libertà di movimento di tutte e tutti, in Italia e nel mondo
  • per il riconoscimento dei diritti fondamentali per tutti, immigrati e non: lavoro, casa, salute, istruzione, dignità contro ogni sfruttamento e ogni razzismo
  • per l'unità delle rivendicazioni e delle lotte dei lavoratori italiani e stranieri perché la precarietà e il disagio sociale colpiscono tutti, senza distinzioni
  • per l'eliminazione del legame tra contratto di lavoro e permesso di soggiorno
  • contro ogni guerra e ogni intervento militare (dall’Afghanistan al Libano), perché solo la pace e la cultura del dialogo e della dialettica democratica sono le premesse essenziali per risolvere i conflitti
  • per una Sicilia smilitarizzata, terra di accoglienza in cui sperimentare nuove forme di aggregazione e solidarietà interculturale e internazionalista
  • per l'autonomia dei movimenti e l'affermazione delle strutture di base, dell'associazionismo e della società civile come luoghi propositivi di elaborazione, di democrazia diretta e di autorganizzazione delle lotte

Coordinamento per la Pace – Trapani
Arci Agorà – Trapani
Arciragazzi – Trapani
Cobas - Trapani
CSOA ExKarcere - Palermo