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Gennaio
22
2010

Documento della Rete Migranti Reggina

Scritto da Rete Migranti Reggina

L’“EMERGENZA VENTENNALE” NON E’ ANCORA FINITA
“SCHIAVITU’ DEL MIGRANTE, PRECARIATO E MAFIA:
TRE ANELLI DELLA STESSA CATENA”

A Rosarno come nella Piana di Gioia Tauro e in Calabria esiste una società responsabile che in questi anni si è impegnata sul territorio, spesso in modo silenzioso e fuori dal clamore dei media, e che è intenzionata a dare continuità al proprio operato di sostegno materiale e di analisi delle problematiche.

Rosarno è solo uno degli anelli di una catena ben più complessa, fatta di sfruttamento e di commistione con la criminalità organizzata che da tempo ha esteso il suo controllo anche nella gestione dei flussi migratori, ma la drammaticità dei fatti che hanno visto protagonista questa cittadina è la prova evidente del fallimento delle politiche securitarie e sull’immigrazione portate avanti negli ultimi anni, politiche che hanno prodotto solo degrado, emarginazione, prevaricazioni e razzismo.

La situazione di Rosarno non è nata ieri, dura da vent’anni ed era già ben nota a tutte le istituzioni, nazionali e regionali, incapaci di dare risposta alcuna se non di facciata. La crisi economica e finanziaria ne ha amplificato le enormi contraddizioni, stravolgendo la composizione degli stagionali che annualmente si riversano a Rosarno. Quest’anno, per la prima volta, la maggioranza dei lavoratori era costituita da migranti regolari, più coscienti dei propri diritti e pronti a denunciare i soprusi, sfidando così a testa alta i loro sfruttatori, ma anche la ‘ndrangheta e il suo ordine: una dignità e una fierezza purtroppo ormai rare in una realtà dove la vita sociale e la democrazia politica sono soffocate da un sistema clientelare-mafioso sempre più avvitato e incattivito, garante degli interessi di saccheggio del grande capitale.

Non possiamo sapere se il raid razzista che ha scatenato la risposta degli africani facesse parte di un disegno più complessivo, o se la situazione sia sfuggita di mano a chi ha voluto mandare semplicemente un segnale intimidatorio. Quello di cui siamo certi è che la modalità repressiva con la quale si è intervenuti, rischia di diventare un pericoloso precedente per legittimare future “soluzioni con ogni mezzo” del conflitto che potrebbe esplodere in altre zone ad alto rischio.

In tutta Italia infatti esistono realtà, più o meno degradate, di sfruttamento dell’immigrazione, mancata accoglienza e assenza di integrazione. Quello che è accaduto e che ha portato alla ormai famosa “deportazione degli africani” - soluzione dolorosa ma a nostro parere in quel momento inevitabile per garantire l’incolumità dei nostri fratelli africani, vista la violenta “caccia al negro” scatenatasi a Rosarno e nelle zone limitrofe - non è che l’anticipazione di quello che potrebbe accadere in futuro.

La cosa che temiamo maggiormente è che “l’esportazione” rappresenti un precedente pericoloso per consentire, o peggio ancora legittimare, ulteriori derive populiste con altre provocazioni e conseguenti “ripristini della normalità con ogni mezzo”; temiamo che anziché provvedere alla rilettura ed eventuale modifica della politica sull’immigrazione, viste le ultime dichiarazioni del ministro Maroni, diventi prassi agire solo sugli “effetti” con metodi discutibili.

Tutto ciò sta inoltre permettendo una ulteriore, pericolosa apertura alle culture e alle forze xenofobe e fasciste che si stanno facendo spazio tentando di cavalcare l’ondata di malessere e panico creatasi nella popolazione: se oggi la “caccia al negro” è finita, considerato che gli unici stranieri rimasti a Rosarno sono di “razza bianca”, si è aperta una nuova ondata di “caccia all’amico dei negri” fatta di pressioni e intimidazioni rivolte a chi in questi anni ha supportato i migranti, vivendogli accanto giorno per giorno.

La posizione della cittadinanza, dichiarata anche con l’ultima manifestazione spontanea, purtroppo ha inteso solo ribadire il NO all’etichettamento di Rosarno come città mafiosa e fascista. Cosa ben diversa dal prendere posizione in favore di una politica dell’accoglienza, della tolleranza e dell’integrazione.

Da più parti in questi giorni sono partiti appelli e proposizioni in merito a una mobilitazione nazionale da tenersi a Rosarno: siamo certi, purtroppo, che in questo momento non ci siano le condizioni per effettuare qualunque tipo di iniziativa pubblica a Rosarno che non fosse vissuta dalla popolazione come un intervento estraneo al territorio e a danno della sua cittadinanza, e che una qualunque forzatura in questo senso possa seriamente compromettere una ripresa del necessario lavoro in questo territorio. D’altra parte indire oggi manifestazioni a Rosarno contro la ‘ndrangheta o contro il razzismo, anche con una piattaforma di convocazione la più radicale possibile, potrebbe significare l’adesione e/o la partecipazione di soggettività, politiche e non, in cerca di facile pubblicità o di visibilità per l’imminente campagna elettorale.

In questa fase, perciò, è necessario che si continui a lavorare a Rosarno come in tutta la Calabria, e non solo, per costruire un percorso di crescita comune verso una cultura dell’accoglienza, dell’integrazione e del rispetto dell’altro. Nelle condizioni d'impoverimento e precarietà aggravate dalla crisi in cui versa la Calabria, bisogna riconoscere nei lavoratori africani un prezioso alleato insieme al quale intrecciare percorsi di riscatto sociale ormai inderogabili, pena la compromissione di ogni possibilità del vivere civile in questa terra.

Se per il territorio di Rosarno oggi crediamo che la sola opzione percorribile sia di intensificare l’organizzazione di iniziative relative ai fatti vissuti, alle dinamiche che li hanno prodotti e a tutto ciò che può portarci verso un’alternativa all’esistente (proiezioni, assemblee, dibattiti), riteniamo anche inderogabile preparare un'adeguata risposta di mobilitazione allo schiaffo ricevuto da ogni genuina coscienza democratica. In questo senso, il prossimo consiglio dei ministri convocato nella città di Reggio Calabria è un’importante occasione per un'attivazione delle realtà democratiche e antirazziste della piana di Gioia Tauro e di tutta la regione, per una denuncia politica che individui le gravi responsabilità di tutte le istituzioni senza fare sconti a nessuno.

Ma una risposta forte deve essere data soprattutto a livello nazionale. A questo proposito lo sciopero degli immigrati del primo marzo acquista ancora più importanza, un’occasione forte per contrastare le politiche razziste e securitarie del Governo ma anche le mafie che esercitano il loro potere sulle “tratte degli schiavi”: è nostra intenzione lavorare per costruire per quella giornata una forte mobilitazione anche nella nostra città.

Inoltre riteniamo necessario soprattutto lavorare per creare una piattaforma condivisa e una proposta che possa rappresentare una seria alternativa all’attuale assenza e/o inadeguatezza delle politiche della migrazione in Italia, che consentono l’introduzione di leggi razziste e generatrici di malessere e clandestinità come la Bossi-Fini. Per questo proponiamo per aprile la convocazione degli Stati generali dell’antirazzismo in Calabria, possibilmente a Riace - proprio per ciò che in questo momento il borgo jonico rappresenta non solo in Calabria - come momento di riflessione comune con tutti coloro che si occupano di immigrazione ad ogni livello.